Chiarimenti sui DSA

Recentemente, il Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ha firmato i decreti attuativi per l’applicazione della legge 170/2010: la legge sui Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA).

Attraverso interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che possono limitare il successo scolastico, la legge tenta di promuovere il benessere delle persone con DSA, dall’infanzia all’università ed oltre (ad esempio nei concorsi), supportandone il successo nei percorsi scolastici e formativi.

Attraveso domande e risposte, questo articolo tenta di chiarire nella maniera più semplice possibile cosa sono i DSA ed alcune sfumature della legge 170/2010.

DSA: di cosa parliamo?

Si parla di disturbi, anzichè di difficoltà, poiché i DSA causano prestazioni che si discostano in maniera importante e significativa nell’esecuzione di specifici compiti (ad esempio, uno studente universitario o un professionista apprezzato potrebbero commettere errori di scrittura tipici di bambini alle prime classi delle scuole primarie).

L’accento, quindi, è posto sulle prestazioni, anziché sull’intelligenza, perché l’intelligenza della persone con DSA rientra nella norma o, in alcuni casi, si colloca ai livelli superiori (come avviene del resto per tutte le persone che hanno un livello intellettivo adeguato). Infatti, per stabilire che si sta parlando di DSA e non di altri disturbi, si tende ad usare una sorta di criterio di discrepanza: si rileva nelle persone interessate che le prestazioni svolte in alcuni compiti sono basse o scadenti, anche se i punteggi ai test standardizzati fanno registrare livelli intellettivi che sono adeguati e non vi sono altre difficoltà che potrebbero compromettere le prestazioni.

Inoltre, va chiarito che i DSA sono disturbi che limitano l’esecuzione di alcuni compiti e non l’interezza delle funzioni della persona (per questo vengono definiti specifici, anzichè generalizzati, aspecifici o altro). Poichè però le attività di lettura, scrittura e calcolo sono attività che possono essere svolte anche in ambienti extrascolastici (come ad esempio quando si deve fare la spesa), se i DSA non vengono considerati possono incidere su parecchie aree di vita delle persone (non solo sulla vita scolastica).

in fine, i DSA causano limiti nell’esecuzione di compiti che frequentemente vengono richiesti nell’apprendimento e vengono definiti disturbi dell’apprendimento per questo motivo. Di conseguenza, le persone con DSA possono apprendere gli argomenti delle varie materie, anche se commettono errori di esecuzione.

 

I DSA influiscono solo sulle prestazioni o provocano anche altre conseguenze?

Come accennato sopra, dipende in gran parte da come viene gestita la situazione.

Spesso si usa far riferimento a personaggi famosi per dimostrare che i DSA sono un problema che non dovrebbe limitare gli esseri umani, portando come esempi Leonardo da Vinci, Albert Einstein, Bill Gates, Steve Jobs, Tom Cruise o altri personaggi che hanno avuto successo nei campi più disparati, dalla scienza alle arti. Vedendo che tutte queste persone sono riuscite a fare grandi cose, si potrebbe essere tentati di pensare che, se così è, forse non servono interventi, oppure, al contrario, che se le cose non funzionano la colpa sarà di qualcuno. La realtà, tuttavia, ci sottolinea che non solo le persone con DSA hanno bisogno di aiuto, soprattutto nell’infanzia e nella preadolescenza, ma che la colpa dei DSA non ce l’ha nessuno perché con i DSA ci si nasce, anche se alcune situazioni familiari, scolastiche o di conflitti famiglia-scuola possono non aiutare o nei casi peggiori aggravare le situazioni (come avviene in ogni altra situazione umana in cui è presente un problema).

Le conseguenze più importanti che si hanno rispetto ai DSA possono essere legate:

  1. all’abbandono scolastico, soprattutto nei casi in cui i bambini inizino sin da piccoli a maturare una avversione per lo studio o forti ansie e paure per lo svolgimento di compiti che vivono come difficili per loro stessi. Interrompere gli studi, soprattutto se precocemente, spesso diviene un importante fattore di rischio che incide fortemente sul benessere della persona per tutta la vita futura.
  2. allo sviluppo emotivo delle persone, perché sin dall’infanzia possono imparare a provare ansia o malessere o vergogna quando devono fare qualcosa che è richiesto loro e che, purtroppo, non riescono ad eseguire correttamente o velocemente, oppure possono maturare un senso di valore di sé come poco adeguato, soffrendo per questo.

 

Come mai serve una legge sui DSA?

La leggeserve perchè si é visto che le persone con DSA hanno bisogno di una mano in più per andare avanti, perché il loro malessere tende spesso ad aumentare per cause che in parte possono essere evitabili.

La questione del malessere delle persone con DSA, infatti, può essere accentuata in maniera naturale: quando i bambini si confrontano con i coetanei e si rendono conto di sbagliare in cose che per gli altri sembrano essere semplici, si possono sentire stupidi e possono credere al loro pensiero, perché non riescono a spiegarsi il motivo di ciò che vivono se nessuno insegna loro a comprendere quello che sta succedendo.

A partire da questa situazione, dolorosa, che si caratterizza come un dato di fatto agli occhi di chi le vive (i bambini sentono di avere delle difficoltà nello svolgimento di alcune attività che altri non hanno e si danno spiegazioni sbagliate), intervengono i comportamenti degli adulti che possono alleggerire o appesantire la situazione.

Si prenda questa risposta con le mollema, probabilmente, una legge sui DSA serve innanzitutto per fare in modo che si diffonda una cultura su questi disturbi, in modo che gli adulti possano imparare ad alleggerire i bambini e le bambine, che poi diventeranno uomini e donne, anziché appesantirli e penalizzarli. La legge, quindi, può avere una valenza culturale, oltre che normativa e di tutela legale delle persone con DSA.

Spesso, infatti, gli adulti peggiorano la situazione perché a livello culturale i DSA sono ancora poco noti, anche se a livello accademico se ne discute da decenni.

L’aspetto che sembra sfuggire particolarmente agli adulti è proprio quello che più caratterizza i DSA: vedono che c’è una forte differenza tra le prestazioni dei bambini e l’intelligenza che esprimono con domande e con la vivacità intellettuale che li caratterizza. Pertanto, gli adulti che non riescono a spiegarsi correttamente questo fenomeno (genitori, insegnanti, parenti, negozianti, ecc.), si comportano un po’ come fanno i bambini e cercano di trovare un motivo, creando giustificazioni. Tali giustificazioni possono risultare sgradevoli, oltre che false, agli occhi dei bambini che, in un modo o nell’altro, le devono accettare e vivere sulla propria pelle: “è pigro”, “è svogliato”, “è capriccioso”, “è maleducato”, “è viziato”, “è imbroglione”, ecc.

Raramente si trovano adulti che fanno letture positive come, ad esempio, “è un indipendente”, “è un creativo”, “è un bambino che ha qualità che vanno oltre la precisione”, “è un bambino maturo che emerge nei compiti più difficili”, ecc.

 

Quali tipi di DSA riconosce la legge italiana?

La legge Italiana, al momento considera quattro DSA (anche se nella letteratura nazionale ed internazionale si tende ad evidenziarne di più).

Tra i disturbi considerati, il più noto è la Dislessia (la forte limitazione nel leggere in maniera rapida e corretta, nonostante una soddisfacente scolarizzazione). Tuttavia, la legge sottolinea l’importanza di riconoscere anche altre forme di disturbo:

  1. la Disortografia (la forte limitazione nel riuscire a scrivere in maniera chiara ed adeguata dal punto di vista grafico);
  2. la Disgrafia (la forte limitazione nel riuscire a scrivere in maniera corretta ed applicare correttamente le regole grammaticali) ;
  3. la Discalculia ( la forte limitazione nel riuscire a conteggiare correttamente ed applicare gli automatismi legati alle operazioni del calcolo, come ad esempio nelle tabelline).

La legge, sembra essere importante perché riconosce che bambini, ragazzi , adolescenti ed universitari hanno il diritto di non essere etichettati e di essere supportati nei loro percorsi di studio, attraverso strumenti compensativi (come ad esempio un tempo maggiore, l’uso di sintesi vocale che legga i testi, ecc.) e dispensativi (come ad esempio non essere obbligati a leggere a voce alta dinnanzi alla classe o non fare compiti incompatibili con la situazione di disturbo).

Degno di nota é anche il fatto che si riconosce ai genitori o ai parenti più prossimi il diritto di supportare i figli con diagnosi di DSA nelle attività di studio.

2 commenti

  1. Per legge istituti scolastici italiani dovrebbero provvedere a dare aiuto a questi bambini e loro familiari se no sono perseguibili per legge. Purtroppo no ne così, unica cosa che ti dicono, forse suo figlio è dislessico si informi”La legge non serve niente se non obligiamo insegnianti a fare corsi formativi. Ci sono insegnianti che non sanno che cos’è la DSA.

    1. Cara Katarzyna, la normativa c’è e le scuole devono provvedere a favorire il successo scolastico di tutti gli studenti, inclusi coloro che hanno un DSA o hanno un momento di difficoltà personale.
      Anche se le scuole dovessero fare fatica nel riconoscere i disturbi, ci si può rivolgere alla ASL o agli altri organi competenti (diversi da regione a regione in base agli accreditamenti). Se c’è un dubbio, quindi, più che informarsi serve un percorso di valutazione serio, attivabile rivolgendosi alla ASL territoriale.
      Già prendendo appuntamento per una valutazione, che da quanto dici è stimolata anche dal dubbio degli insegnanti, puoi chiedere alla scuola di attivare un PDP, considerando un bisogno educativo speciale (BES), in attesa che la situazione venga meglio chiarita.
      Un caro saluto.

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