Orientamento con smartphone

Come (non) rendere nocivo l’orientamento scolastico?

Il Ministro dell’Istruzione e del merito si è espresso sull’orientamento. Lo ha fatto con una lettera indirizzata ai genitori.

Il testo contiene aspetti che potrebbero essere positivi. Tra questi si possono individuare la valorizzazione dell’orientamento; l’appello fatto alle persone adulte, affinché collaborino; l’ascolto attento dei/delle giovani.

Altresì, alcuni aspetti potrebbero limitare in modo forte la vita di studenti e studentesse. In particolare c’è la possibilità di trovarsi ingabbiati in percorsi rigidi. Inoltre, i/le giovani rischiano di mettere da parte le proprie emozioni, per scegliere in base a conoscenze occupazionali che diventano sempre più obsolete, man mano che si avvicianano al diploma.

Proviamo, di seguito, a vedere meglio questi aspetti e come l’orientamento rischia di diventare nocivo per il benessere di studenti e studentesse.

Quali possono essere i punti di forza dell’orientamento proposto?

Un elemento fondamentale è sicuramente l’attenzione all’orientamento, considerato un “compito strategico”. Il testo non lascia sperare in un dialogo del Ministero con genitori e docenti, poiché l’impianto per l’orientamento sembra essere già deciso e in fase di realizzazione. Tuttavia, é positivo che si consideri l’orientamento, perché ciò può far nascere dibattiti, riflessioni e pratiche più coerenti con i bisogni di ragazzi e ragazze che vivono questo periodo storico.

Inoltre, sembra esser presente la speranza di alimentare una maggiore collaborazione tra scuola e famiglie. A riguardo, si parla di una “grande allenza“. Un aspetto curioso, ancora da scoprire, è la piattaforma specifica che dovrà aiutare tale alleanza (in fase di realizzazione).

Altro punto di forza è il sottolineare l’importanza dell’ascolto attento delle persone giovani e dei loro desideri. Si parla molto di questo aspetto anche se, come apparirà più chiaro sotto, sembra più un qualcosa di teorico che effettivo.

Quali possono essere i punti critici dell’orientamento proposto?

Il primo elemento di criticità riguarda la precocità con la quale si spinge ragazzi e ragazze di circa 13 anni a definirsi, per valorizzare i propri “talenti” presenti. Molti ragazzi e ragazze, di fatto, svilupperanno al meglio i talenti crescendo. I talenti che avranno, saranno quelli che coltiveranno con passione, autodeterminandosi.

Il secondo aspetto è l’invito a mettere da parte le emozioni, per dar più valore alle “conoscenze concrete raffrontate con la matura consapevolezza delle proprie abilità e potenzialità“. Questa esortazione è rafforzata da una serie di statistiche che possiamo prendere per vere adesso. In questo secondo caso, dunque, il limite è non tenere in considerazione che alcune elaborazioni statistiche hanno una scadenza (e non sono la verità assoluta). Sono valide oggi ma, tra più di 5 anni, potrebbero non essere così valide come si crede. Dare un valore predominante alle statistiche, liquidando come “semplici” le emozioni (anche se a 13 sono quasi tutto), può far male.

In definitiva, sembra che l’orientamento sia inteso come un sinonimo di collocamento che, nonostante l’ascolto, in ultima analisi richiede il sacrificio dei propri sentimenti.

Quale rischio concreto può alimentare un simile approccio?

Se le criticità non saranno gestite, il rischio è spingere le persone a rinunciare alla propria autodeterminazione e puntare a fumosi vantaggi di collocamento a medio termine.

Per l’autodeterminazione, le forti limitazioni personali possono coinvolgere soprattutto le ragazze. Considerando il divario di genere, ad esempio, è ovvio che le ragazze che non sono adeguatamente stimolate dall’ambiente sociale (ad esempio nelle materie collegate con la matematica), creeranno e mostreranno i loro talenti in ritardo, soprattutto al sud. Se spieghiamo loro che devono regolarsi con le loro caratteristiche di bambine o ragazzine, resteranno inchiodate a una vita decisa precocemente da altre persone.

Lo stesso discorso vale per coloro che hanno affrontato malattie, presentano disturbi o necessitano di tempo per mettere a fuoco le loro vite, perché magari provengono da situazioni svantaggiate.

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