Prosocialità altruismo

Altruismo: aiutare responsabilmente!

L’altruismo è una risorsa indispensabile per l’umanità. Esaltato da alcuni (è molto nobile!) o bistrattato da altri (è da ingenui!), spesso prende la forma dell’aiuto gratuito.

L’altruismo è definito da specifiche condizioni:

  • chi lo manifesta ci si priva di qualcosa (tempo, denaro, o altro);
  • ciò di cui ci si priva è dato ad altre persone attraverso varie modalità (con l’aiuto materiale, il conforto o altro);
  • in cambio non si riceve e non si accetta alcuna apparente ricompensa.

Idealmente, si pensa che l’aiuto altruistico sia sempre positivo per chi lo riceve. Non a caso, alcune azioni educative, religiose e non, tendono ad esaltare la tendenza ad aaiutare altruisticamente. In questo post, ci soffermeremo su questo aspetto, per capire le ricadute dell’aiuto altruistico.

È sempre vero che l’altruismo è positivo per chi lo riceve?

Dipende.

Anche se i comportamenti altruistici tendono ad arrecare dei tangibili benefici immediati per gli individui e la società, possono creare problemi. Tali considerazione sugli effetti negativi dell’azione altruistica di aiuto, anche se negli anni gli scenari tendono a modificarsi, parte da un’osservazione fatta parecchi anni fa da Staub (1978).

Se gli aiuti sono fornti quando non necessari, vengono mal forniti o se, per un qualsiasi motivo, vengono distorti, perché non se ne controlla bene gli effetti, possono costituire un motivo di turbamento per il ricevente (o il potenziale ricevente), contribuendo alla strutturazione di ulteriori problematiche, soprattutto nel lungo termine.

Non tutti, infatti, sono disponibili a ricevere aiuto gratuitamente (se li si forza a riceverlo diventa un’imposizione).

Non tutti hanno la reale necessità di ricevere l’aiuto che chiedono e di riceverlo come lo chiedono (si pensi ad esempio ad un giocatore compulsivo che continua a chiedere soldi per giocare).

Non tutti traggono un reale beneficio da un aiuto estemporaneo e disgiunto da un progetto di vita più ampio.

Non tutti traggono giovamento dal conoscere gli interventi di aiuto che altri hanno ricevuto, senza un apparente criterio, fantasticando di essere indegni di ricevere l’altrui aiuto.

Infine, soprattutto ai giorni d’oggi, le forme di aiuto possono avere conseguenze non controllate che vengono amplificate. Si può incappare nelle dinamiche più disparate, poiché tutto può essere amplificato e/o può essere distorto nell’uso quotidiano dei media. Si pensi ad esempio ad una persona che finisce sotto i riflettori per l’aiuto ricevuto, sperimentando un forte imbarazzo.

Come evitare i rischi dell’altruismo?

Staub sottolineava che, per poter agire in modo da arrecare un reale beneficio agli altri, prima di tutto bisognerebbe dedicarsi a comprendere almeno due aspetti:

  • i bisogni e gli scopi delle altre persone;
  • gli effetti delle proprie azioni.

La mancanza di tale comprensione, infatti, sarebbe correlata con la possibilità di compiere errori grossolani e potenzialmente nocivi per sé e per gli altri.

Sarebbe quindi utile non agire troppo d’impulso, a meno che non ci sia una situazione d’emergenza (come in un incendio, in un incidente, ecc.) dove il discorso esce dal campo dell’ordinario ed entra nel campo dello straordinario.

Va ricordato, inoltre, che molti comportamenti di aiuto, se scriteriati possono arrecare danni alle persone. 

Quando si emette un comportamento altruistico scriteriato, infatti, si corre il rischio di danneggiare il destinatario, portandolo a convincersi della propria incapacità, favorendone l’apprendimento del bisogno di dipendenza nei confronti degli altri, oppure facendolo sentire svalutato. Questi effetti divengono più probabili se i comportamenti altruistici vengono compiuti principalmente perché costituiscono una soddisfazione per colui che li attua, anche se non se ne rende conto, rinforzando la percezione positiva delle proprie attitudini e credenze (Roche-Olivar, 1997).

Quindi bisogna evitare l’altruismo?

Non proprio.

Non bisogna forzare le cose e bisogna riconoscere i limiti di ciò che si fa, ricordando che un’azione altruistica mal posta può divenire un’intrusione nella vita del ricevente o arrecare danno, nonostante le buone intenzioni.

Considerando quanto detto, dunque, potrebbe essere utile fare in modo che la nostra attenzione si sposti dall’altruismo indiscriminato alla prosocialità. Con la prosocialità si impara a tenere debitamente in considerazione anche le proprie possibilità, i propri limiti ed i bisogni e le necessità dell’altro, in un arco temporale ampio (non solo nell’immediato). Con la prosocialità, quindi, ci può essere una maggiore competenza nel fornire l’aiuto.

Pertanto, un motto utile da ricordare potrebbe essere: aiutiamo responsabilmente! 🙂

Un caro saluto.

Cristian Pagliariccio 🙂


1) Staub (1978). Positive Social Behavior and Morality. Social and personal influences. New York, New York: Academic Press.

2) Roche-Olivar (1997). Ottimizzazione prosociale: basi teoriche, obiettivi e strumenti. In R. ROCHE-OLIVAR (Ed), La condotta prosociale. Basi teoriche e metodologie di intervento, (pp. 15-36). Roma: Bulzoni Editore.

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