Videoresponsabilità

responsabilitaAvete presente quando al TG o nei giornali si tratta un fatto di cronaca e nei giorni seguenti si viene inondati da fatti simili?

Il più delle volte non si tratta di un caso né della risposta dei media alla curiosità delle persone (che fa audience) ma di vere e proprie emulazioni che si sviluppano con un effetto a cascata. Tali emulazioni durano fino a quando l’argomento non diventa stancante per il grande pubblico e si smette di parlarne.

Considerando i casi di emulazione di suicidio, negli anni ’70 Phillips individuava con il nome “effetto Werther” gli atti di aggressione o di suicidio che sono stati ampiamente pubblicizzati dai mass media nelle notizie di cronaca.

L’idea nasceva dall’osservazione dei fenomeni di emulazione scatenato da I dolori del giovane Werther di Goethe.Secondo Phillips, l’effetto Werther si verificherebbe perché le persone interpreterebbero come una conferma esterna del loro vissuto gli atti compiuti da altri. Attraverso le notizie di cronaca diffuse dai media, alcuni individui particolarmente sensibili alle questioni affrontate possono ricevere incoraggiamenti che alimentano le loro tendenze autolesive o antisociali. La messa in atto sarebbe facilitata soprattutto quando vi è dovizia di particolari, come se si disponesse di una guida [1].

Più di recente si parla di “effetto copycat” vale a dire della tendenza ad imitare le notizie diffuse dai media, nel bene (donazioni, azioni di sensibilizzazione, ecc.) e nel male (aggressioni, violenza autodiretta, ecc.).

Il fenomeno è talmente importante che da qualche anno, a proposito del suicidio, l’OMS ha realizzato delle linee guida per i media, in modo da prevenire l’effetto negativo dei servizi giornalistici.

Tra gli elementi disfunzionali, otre a quanto individuato da Phillips, vi è anche la sovraesposizione alla notizia e l’uso di un linguaggio sensazionalistico.

Tuttavia, sembra che tali indicazioni non vengano considerate, e che il diritto all’informazione (la gente deve sapere) venga usato per eliminare la responsabilità di chi fa informazione. In alcuni casi, basterebbe dire che un fatto è accaduto, senza necessariamente scendere nei dettagli. Vi sarebbe comunque informazione, evitando al contempo di alimentare fenomeni simili. In altri casi, invece, sarebbe utile dare maggiore risalto ai gesti positivi, per stimolare la loro diffusione (ma questi fanno registrare audience minore dei fatti macabri).

Per migliorare a 360° le nostre situazioni sociali (ridurre i femminicidi, la violenza, ecc.) abbiamo bisogno anche di mezzi di informazione responsabili o, in alternativa, di boicottare tutto ciò che è eccessivo.

La videoresponsabilità non è solo di chi fa informazione ma anche di chi la segue!

Cristian P.


[1] CIALDINI, R. B. (1995). Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì. Firenze: Giunti.

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